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di scrittura e altre magie

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"Una biblioteca
è una camera piena di amici.
Sono amici che mi stanno intorno
e che mi offrono
ospitalità"

( Tahar Ben Jelloun )

 

POESIE

Ostinazione

Ti amo con l’ostinazione
di restare un tuo ricordo
quando poi mi lascerai

quando la tua solitudine
non avrà occhi che per
l’assenza dei miei occhi.

 

D’autunno

Luce rubino
di melograno
bianco viburno
di tenero ottobre
nuvole rosate
di cielo viola.

In estate ci vestiamo
di colori, d’autunno
di rimpianti.

 

Destino

È perché conosco bene la notte
il rumore del tempo e del silenzio
che scelsi i tuoi occhi per destino.

E intrecciai ghirlande di pensieri
e tulipani gialli come schiva corona
intorno a questo cuore tuo rubino.

 

Ascoltando la pioggia

A te va il mio pensiero
in questa sera da stare in casa
ascoltando la pioggia che batte,
batte ostinata contro i vetri
come un ricordo nella mente.

A te va il mio saluto
in questa sera gravida di silenzio
e di malinconia, che scivola
sul mio cuore come il velo
della notte sulle colline spente.

Questo lungo inverno
sembra non finire mai, padre,
e non trovo parole per spiegare
alla mia vita che ciò che è stato
non tornerà mai più.

 

Calligrafia

Ieri ho ricevuto
una lettera da un luogo
che non conosco.

Era di qualcuno
che in un altro tempo
ho amato molto.

Non ricordavo
quanto affilata fosse
la sua calligrafia.

 

Trama e tessuto

La sapienza di un rammendo impeccabile
esige meticolosità e scioglie la fretta 
in una fluida armonia di mani che
considerano il tessuto, valutano la trama.

Sì, il cielo si è strappato su di me
e cos’altro sperare se non in un cesello
così perito da rendere invisibile
il danno, quasi non fosse stato?

 

Novembre

L'autunno è paziente,
conta lento i giorni che ci separano
dall’agguato dell’inverno e scruta
il silenzio dei campi intorno,
trepido.

Sospesa e tagliente,
la sera dipinge di viola il tramonto
 per cullare i nostri cuori stanchi
come una madre al suo bambino
avvinta.

 

Vetro e silenzio

È un ospite inatteso
Il dolore che bussa
stasera alla mia porta
ma a lui mi arrendo
come un sogno alla realtà.
Lo lascio entrare e non gli chiedo niente
se non di fare piano
che la vita sta dormendo.
Ma è un dolore così indisciplinato
la tua assenza!
Corre intorno al cuore balla sui ricordi
grida il tuo nome cade nel rimpianto si rialza e ricomincia…
Lo prendo per la mano
lo prego di ascoltarmi
gli parlo per ore ed ore
ma proprio non conosce
misura e convenienza  
questo bambino indisponente
che pretende e non concede.
Ti prego vieni a riprenderlo!
La mia casa di vetro e silenzio non è
posto per lui.

 

Soldati

Sfilano lenti tutti i miei ricordi
come soldati stanchi in ritirata
laceri e sporchi senza più illusioni
con il dolore che gli infanga il viso.

Incerti i passi lungo il sentiero
del miglior tempo che si fa rimpianto
perché la curva che sta per arrivare
cela la mèta così temuta e certa.

E poi alla fine di fronte al buio
sarà paura e incondizionata resa
chiuderò gli occhi tratterrò il respiro
m’inventerò il coraggio e sarò pensiero.

 

Nè altra terra Nè altro mare

Il tuo amore è una landa
ostile e trovarvi ospitalità
è arduo come nelle leggi della natura
la pietà.
Dalle tue parti il vento annuncia sempre
la pioggia e soffia contro
così sferzante che il procedere
sfianca, spezza le gambe.
Vicino eppure inarrivabile
sei proprio come i sogni
di cui ci nutre e priva
quell’artista beffardo che è il destino.
Però no non cercherò
né altra terra né altro mare
perché per sempre è passato
il tempo dell’intrepida avventura.

 

I fiori alla finestra

Nel volo di un sorriso
mi è parso per un istante scorgere
l’abbagliante lusinga della felicità
ma la mia età conosce i trucchi
e le malizie.

D’incanti e disincanti
ci scorre lento nelle vene
un fiume e quei fiori stanchi
alla finestra fan come noi:
resistono.

 

1/1/1979

L’alba.
Una centoventisei.
Quattro ragazzi
appannano i vetri
di progetti.

Com’era
credere amico
il tempo?

Non ricordo più.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

opere

opere

 

Roma, le ombre della gloria

Mai città ebbe più meravigliosa avventura
Indro Montanelli

Gli estimatori dell’opera di Alfonso Zammuto vedranno esaltata nelle fotografie di questo volume ciò che può essere forse considerato il tratto più personale del suo stile, il far emergere aspetti inediti e sorprendenti anche in un soggetto iconico per eccellenza come Roma. Un’operazione che sulle prime si sarebbe tentati di classificare come “causa persa”: cosa poter dire, infatti, della Città eterna che ancora non sia stato detto? Elaborare un degno omaggio alla “capitale del mondo” senza cadere in un abusato stereotipo è davvero una sfida. Ma l’Autore l’ha raccolta e ha vinto la scommessa con umiltà e maestria. Il presente volume fotografico deve essere concepito come un taccuino di appunti scritto con la macchina fotografica: lo snodarsi di percorso che ad ogni scatto si configura sempre più come la ricerca inesausta di quell’ineffabile “quid” che è il significato immanente di Roma caput mundi, di Roma culla di civiltà e di bellezza. Roma è diventata Roma in un arco temporale assai lungo che ha visto mescolare, spesso drammaticamente, ombre inquietanti ed esplosioni di luce accecante, gloria e miseria, senza mai dimenticare di essere perno dell’evoluzione storica, artistica e religiosa dell’Occidente. Sfogliando il volume comprendiamo che qui non siamo alle prese con una carrellata di scatti illustrativi, per quanto splendidi, fini a se stessi: ci poniamo nella prospettiva del “nostos”, del viaggio di scoperta, della tensione spirituale verso una dimensione oltre. Queste fotografie sono tappe di un viaggio all’interno del concetto stesso di “romanità”: è un viaggio che compie tortuosi e imprevedibili giri per approdare alla nostra attuale realtà, a noi stessi, moderni e inadeguati eredi di sontuosa e imperitura fama. Ammirando questi scatti restiamo attoniti, con orgoglio avvertiamo rinascere dentro di noi la nostalgia delle nostre radici, la profonda consapevolezza di appartenere alla Storia. Il raffinato bianco e nero di questi scatti suggerisce, dunque, la cronaca di un viaggio nel cuore pulsante della più bella città del mondo, rispettoso e colmo di stupore, un iter che si risolve ben presto in una resa emozionale alla maestosità, al fascino, all’altezzosità di un mito che da parte di chi osserva non accetta altro sguardo se non di sottomissione. Le foto si susseguono rischiarando di nuova luce capolavori assoluti, luoghi della cristianità (perfino il loro principale rappresentante, il Papa), miracoli architettonici dalle eleganti proporzioni (gallerie, colonnati, scalinate), interni moderni dalle sofisticate geometrie, fino ad incontrare i protagonisti per definizione delle strade centrali della città, i sampietrini. E così, fondendo estrema perizia tecnica e afflato emotivo, Alfonso Zammuto prosegue coerentemente la sua ricerca del bello tentando di decifrare il mistero della luce e dell’armonia delle linee.

Massimo Tirinelli

 

ARTICOLO TRATTO DAL "CORRIERE DI LATINA-17 LUGLIO 2015"

NORMA, FINO AL 17 LUGLIO

“Chrysallidem Festival 2015” e Fiera del libro, gli incontri

La prima settimana della rassegna, che proseguirà fino al 24, ospita l'Odissea contemporanea di Mad: e sabato sera intervista con il Premio Strega Antonio Pennacchi (Luisa Guarino)

Prenderà il via il 10 luglio e proseguirà per due settimane a Norma la seconda edizione del “Chrysallidem Festival 2015” al quale si affianca la Fiera del libro e nel quale uno spazio di assoluto rilievo avrà la rassegna Mad Odissea contemporanea 2015, che lascia temporaneamente la sua location storica di San Felice Circeo. Ma vediamo gli appuntamenti in programma per la prima settimana, a partire proprio da venerdì 10 luglio. Alle 18, prima tappa del Festival della Complessità, promosso dalla Compagnia dei Lepini sul tema “Biourbanistica e archeologia: modelli applicati della complessità”. Interverranno il dottor Stefano Serafini e la dottoressa Federica Colaiacomo, in Largo Caio Cestio. Alle 19, vernissage della mostra Odissea Contemporanea a cura di Fabio D’Achille per MAD - Museo d’Arte Diffusa di Latina, Via della Liberazione: La mostra rimarrà in esposizione fino al 30 agosto. alle 21.30 “Nato per lasciar perdere - Estratto dallo spettacolo Smoke” di e con Vincenzo Costantino Cinaski, Largo Caio Cestio. AVVIO DEL BOOKCROSSING E INCONTRO CON PENNACCHI. Sabato 11 luglio - Alle 10 apertura degli stand delle case editrici partecipanti alla Fiera del libro, Largo Caio Cestio. Alle 17 Reading di poesie a cura delle Edizione Progetto Cultura, Largo Caio Cestio. 18.30, presentazione dell’iniziativa Bookcrossing e inaugurazione delle postazioni sul territorio di Norma, Largo Caio Cestio. Sempre alle 18.30 Incontro\intervista con Massimo Tirinelli, autore di libri di poesia, racconti e romanzi, Largo Caio Cestio. Alle 19.30 Aperitivo con prodotti tipici e tavola rotonda sul tema “Lavoro e territorio” con gli scrittori: Simone di Giulio - Nata due volte; Eligio Coriddi - In viaggio con me; Sergio Pannozzo - Lupi e saette, Largo Caio Cestio. Alle 21.30 Incontro\intervista con il premio Strega Antonio Pennacchi, Largo Caio Cestio.

 

apocalypso

 

Sul quadro "Anna Bolena" di Paolo Bigelli

Come per ogni artista che meriti a pieno titolo questo appellativo, anche per Paolo Bigelli è arduo tentare di intrappolare in un’arida elencazione di temi ricorrenti la poetica che sprigiona, potente e controllata, la sua ormai vasta produzione pittorica.
Certo, è innegabile un periodico soffermarsi su spunti di riflessioni privilegiati, che conferiscono carattere unico al suo mondo poetico, ma sarebbe riduttivo, se non addirittura suscettibile di critica, ricondurre un simile plot iconografico, così ricco e vitale, ad immagini e motivi che, se perentoriamente definiti elementi distintivi, non darebbero il giusto risalto all’urgenza pittorica di Bigelli.
Quanti di noi, immersi nell’osservazione attenta di un’opera pittorica, si sono attardati nella puntualizzazione del “cosa” e “come”: il soggetto, prescelto dall’artista come argomento, e la sua conseguente realizzazione materiale. Una convenzione, peraltro, che affonda le sue radici in una tradizione classicista, completamente sovvertita, qualora non abolita, dalle avanguardie storiche del Novecento.
Nell’opera di Bigelli, lontana dal poter essere stigmatizzata come portatrice di “sovversione” iconoclasta o di velleitaria rottura con il passato, è impossibile disgiungere il cosa dal come, in quanto il cosa non può trovare la sua emanazione materiale senza il come, e viceversa.
Operare questa separazione equivarrebbe a snaturare un’unità di intenti, che, ora sì, regala ai dipinti di Paolo Bigelli il quid che li fa unici: la perfetta osmosi tra passato e futuro, un ponte lanciato verso il domani, da percorrere insieme, fiduciosi di non rinnegare le nostre radici culturali ed esistenziali ma ugualmente determinati a vedere l’oltre.
A suffragio di quanto sopra esposto, allo scrivente basterebbe raccomandare un’attenta disamina di ANNA BOLENA, dove la classicità del tema affrontato fa paio con la modernità e originalità della tecnica compositiva. La dicotomia “moderno/classico” è serenamente superata dall’interazione di cosa e come: l’acceso cromatismo che fa da sfondo alla nobile figura di donna ha senz’altro una connotazione fortemente non naturalistica, quasi onirica e astratta, ma i colori prescelti per la sua realizzazione rimandano senza ombra di dubbio a suggestioni medievali, gotiche. Il senso della dimensione storica è dunque dato dal colore, dal puro e semplice colore, nulla di più. Una sintesi folgorante, colta e misurata, che dice molto di più di ogni esegesi storica. La compostezza ieratica della nobildonna lascia trapelare l’accettazione fiera di un futuro ormai segnato; le mani in grembo sono quelle di una donna tranquilla; la ricchezza dell’abito appartiene a chi, anche nella disgrazia, non rinuncia alla dignità del suo rango; il viso, dai connotati sfumati, è di colei che viene fagocitata dalla Storia (il nero), imperscrutabile e terribile, e dal proprio Destino (il rosso), non meno spietato.
L’onirismo, il simbolismo, l’elemento dell’acqua, il corpo disegnato con toni di acceso lirismo, il particolare che regala il senso del tutto, i fregi cromatici che orgogliosamente rivendicano un trascorso di illustratore, la languida malinconia di paesaggi tratteggiati con la dolorosa coscienza della fugacità della bellezza: sono temi che non avrebbero compiutezza senza l’accorta padronanza del mezzo.

 

La figura e il suo spazio

Il campo visivo offerto da un dipinto di Paolo Bigelli stimola un interessante spunto di riflessione sul rapporto esistente tra oggetto raffigurato (che determina l’area di attenzione dell’osservatore) e la restante porzione di spazio (sfondo). Nell’economia di un quadro questo secondo fattore risulta generalmente subordinato all’importanza che l’autore conferisce all’oggetto della narrazione. Spesso oggi i pittori indulgono alla rappresentazione senza troppo considerare l’impatto complessivo che certe decisioni di taglio visivo avranno sul significato dell’opera.
Paolo Bigelli sovverte questa tendenza conferendo pari dignità al tema trattato e allo sfondo nel quale viene collocato. Pur restando centrale, il soggetto di cui si narra, infatti, non prevale sul contesto, raggiungendo una complementarità con ciò che fisicamente lo circonda che arricchisce e completa l’intera narrazione.
Lo sfondo è narrazione, dunque, e il giudizio di chi guarda dovrà necessariamente tenere conto di ogni minimo, prezioso dettaglio davanti  ai suoi occhi, assaporando, in particolare, il sapiente cromatismo che ravviva quelle storie.
I colori usati in queste opere hanno la prerogativa di suscitare emozioni così intense da allontanare ogni sospetto di calligrafismo decorativo, avendo la forza di rendersi necessari e imprescindibili dal risultato finale.
Un esempio a suffragio di questa tesi è “La figlia del ceramista”.
Lo scorcio paesaggistico di puntigliosa preziosità, la tenda scostata che suggerisce la semplicità di un ambiente rurale, il piatto di ceramica appeso alla parete con la sua accentuata definizione naturalistica, il vaso di vivace eleganza formale: sono questi elementi che certo non possono essere declassati a mera illustrazione o stucchevole decoro, ma diventano il quid narrativo stesso del dipinto.
Dopo la carrellata di particolari così finemente cesellati dal Bigelli, come può la nostra immaginazione non elaborare la figura di un ceramista abilissimo nel suo mestiere e, per il solo avere una figlia così compita e graziosa, di onesti sentimenti?
Quella sulla tela è una storia, e, come ogni storia che si rispetti, davanti al nostro sguardo si muovono figure e prendono corpo emozioni.

Ma sullo sfondo di ombre, colori, luci, natura, cose, e di ogni altro particolare necessario a farci sentire nostra quella storia.